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Spezzano, Modena, Italy
Inguaribilmente energetica, e contagiosa.

28 giugno, 2010

CHIEDI CHI ERANO I FUGAZI


No, non ti snocciolerò una definizione di quelle da enciclopedia del rock.
Ti dirò chi erano per me, i Fugazi.
Erano le sere che finivo di lavorare al ristorante, coi piedi gonfi dalle volate tra la cucina e i tavoli, e la testa rallentata dal lambrusco.
Sonno mai: non si è mai stanchi a vent'anni.
Le notti erano fresche e pulite, e conservavano solo il vapore d'asfalto del caldo patito durante il giorno.
Me ne tornavo verso la radio. Alle due. Alle tre di notte. Aprivo piano la serranda, per non allarmare i vicini impiccioni. Tenevo accesa solo la luce della sala di trasmissione. Preparavo un disco dei Fugazi, senza dire niente al microfono, toglievo la nastroteca che andava per tutta la notte, una specie di lavatrice che faceva girare le audiocassette da 120 minuti ciascuna.
E partiva Waiting Room.
Dall'altra parte, qualcuno era sveglio, e teneva la radio accesa per passare la notte con la musica.
Si accorgevano subito che Waiting Room era stata lanciata da una mano umana, e non dalla lavatrice.
E chiamavano i telefoni della radio, per sentire chi era il dj insonne.
Ma io non rispondevo.
Quelle notti dei Fugazi erano solo mie. E andavo avanti con la mia musica.
Ora ti racconto mille cose, dei Fugazi e di mio nonno. Di dove sta la seconda linea dopo il calcio d'inizio. Delle gole del Verdon.
Tu affetti le zucchine, tutto concentrato. Sembri sorridere leggermente di questo fiume di parole che ti arriva addosso. Sciogli una nocetta di burro in padella. Scotti i gamberetti. E con gesti sicuri li sgusci e li fai finire di cuocere, insieme alle zucchine. Il pepe appena macinato, quello più odoroso. E cuoci anche i fusilli, quelli con la grana grezza.
Vorrei dirti che bene mi fanno, tutti questi sapori buoni.
Ma forse lo sai già. Anche senza queste chiacchiere.
E' una sensazione strana, per me. Io che ho sempre fatto di testa mia.
E che mi sono dovuta prendere delle responsabilità per altre persone.
Ora non so bene come comportarmi, se qualcuno mi dice: "Aspetta, lasciati guidare".
Sono stupita di quello che succede, e se invece a te meravigliano questi occhi spalancati è perché vedo che ti vengono spontanei dei gesti che io ho ricercato a lungo nelle persone, senza trovare comprensione: la voglia di raccontarsi, soprattutto.
La lucidità di sapere perché ti succedono le cose nella vita.
E soprattutto, una naturalezza disarmante.
Me l'avevano detto che nella vita le cose più grandi sono le più semplici, e si possono dire con una parola sola.
Non è mai successo che capissi così tante cose con un bacio.

01 giugno, 2010

TAGLIA E CUCI


 
Ho un rapporto molto complesso coi peperoni.
Mi piacciono. Ma so, nell'attimo in cui li mando giù, che dopo il sommo godimento arriverà il pentimento. Rimangono lì, non c'è verso..
Posso scottarli, togliere la pelle, asportare con pazienza tutti i filetti bianchi dentro.. Niente da fare: i peperoni litigano con il mio stomaco tutte le volte.
Lo so. Li mangio lo stesso.
Un passo indietro: prendo quelli gialli, i più dolci. Scotto, tolgo la pelle e i filetti bianchi dentro. In una padella va fatto soffriggere del porro, con una nocetta di burro. Poi va frullato il porro nel sughetto del burro, coi peperoni, un po' di panna e sale con moderazione.
Ho preso dei filetti di tonno. Scottati per poco tempo, e sopra la salsa di peperone. Guarnito con pepe bianco ed erba cipollina.
So che mi rimarrà sullo stomaco, tutto questo. Ma ci si sono infilata ugualmente, con tutta la sana incoscienza di una cretina che ha due gambe appena maggiorenni..
Due passi indietro.
I peperoni sono fresche serate estive a Bastiglia, sotto un portico che cerca di ritagliare un angolo di Messico proprio dietro al Canaletto. Aria ferma, appena ingentilita da un enorme ventilatore a pale, dotato di buona volontà ma ripagato con scarsi risultati.
La sangria è di quelle a buon mercato, ma è fresca, e la frutta è ben imbevuta di spirito.
Passano i peperoni sul tavolo, quelli dolci e quelli piccanti. Pare davvero perfetto, tutto quanto. Nonostante la sangria a buon mercato, e il cameriere con l'accento napoletano. Nonostante i mariachi non siano veri, ma un disco di quelli comprati all'autogrill. Ma c'è sempre qualcuno pronto a dare un colpetto di gomito, quando il calice della felicità è colmo.
E quel qualcuno è proprio quello che dovrebbe godere di quella felicità.
Tre passi indietro. Avrei sempre voluto avere i mariachi, al mio matrimonio. Mi ricordo che li avevamo quasi trovati: ci dev'essere nel bolognese un gruppo di messicani veri, tenacemente attaccati alle proprie radici. Ma che c'azzecca, un gruppo di mariachi a Bologna? Come lega il peperone col tonno?
Che cavolo sto facendo?
Eh, no: mi dispiace.. Basta passi indietro.