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Spezzano, Modena, Italy
Inguaribilmente energetica, e contagiosa.

30 dicembre, 2008

PUREA


L'ho infine preso. Lo schiacciapatate.
All'inizio, per la cucina, mi sono procurata le cose fondamentali.
Poi, col passare del tempo, e diversi passaggi di carrello al supermercato, sono arrivata a collezionare anche gli strumenti secondari. Anche perché l'ultima purea tentata, per la Principessa e il mio Principe, era pericolosamente grumosa: colpa della tecnica primitiva e grossolana dello "schiaccia-con-la forchetta" (ma anche colpa della cuoca).
Il grumo è il nemico numero uno: significa un ingrediente non amalgamato a dovere. Significa poca pazienza, e poca dedizione. Ma ora ho uno schiacciapatate.
Con le patate uso l'accorgimento dello... shock termico. Prima di lessarle, si pratica un'incisione superficiale sulla buccia, in orizzontale, come un equatore della patata. Mezzora di ebollizione, con una manciata di sale nell'acqua. E subito dopo una doccia svedese di acqua gelata. Con una certa soddisfazione, potrete prendere le patate per le estremità, e sfilare la buccia, come se fosse un cappuccio di lana tolto dalla testa. Questo espediente, risparmia un tediosissimo lavorio di pelatura, tenendo conto del fatto che le patate hanno la spiacevole abitudine di infilarsi caparbiamente sotto le unghie. Con gran dispendio di tempo ed imprecazioni brutte.
Ed è qui che entra in azione il mio schiacciapatate. A parte ho già scaldato un pentolino con il latte, e le patate passano direttamente dallo schiacciapatate al latte. Nocette di burro, un po' di parmigiano (e se si usa il parmigiano, occhio col sale..) e un pizzico di pepe, una grattugiata di noce moscata.
Non bisogna frullare le patate per il purè!
Si rischia di ottenere una malta compatta di amidi, che si attaccherà alle pareti del palato e dello stomaco, ed impedirà di mangiare qualsiasi altra cosa per un sacco di tempo.
Due o tre minuti a fuoco lento, poi mangiare subito, appena la temperatura si sarà abbassata dal livello di ustione.
Lo schiacciapatate.
Gianca che mi regala un carro armato giocattolo "... perché è affine alla tua personalità".
Le battute sul dinosauro Wind che calpesta tutto quello che gli si para di fronte.
Basta.
E' ora di smetterla.
Non ho intenzione di essere la scusa per le scelte che fanno altre persone. Consapevolmente.
Avere il coraggio di dare un nome a ciò che succede, non significa affatto essere spietati.
Bisogna mettere la propria faccia, di fronte alla vita, in prima persona: perché è troppo comodo usare un carro armato per pararsi dai colpi! Si rischia di ridurre in purea se stessi, invece di difendersi. Ed, in ogni caso, anche il carro armato, dopo un po', si rompe i coglioni.

15 dicembre, 2008

"T'E PROPIA 'NA ZOCCA!"


Riflettevo, mentre schiacchiavo la guancia sul freddo del finestrino di un convoglio FF.SS. La zucca, nelle favole, con un colpo di bacchetta magica diventava la carrozza che accompagnava la bella fanciulla dal suo Principe.
La carrozza in questione, invece, mi portava lontano, dal Principe dagli occhi azzurri. Aveva il riscaldamento rotto, e i due umarèlls a fianco sproloquiavano, con evidente fiato vinoso, di quanto fosse duro tirare avanti al giorno d'oggi, con tutti questi stranieri che non pagano luce, acqua e gas, e il Comune ci dà anche l'appartamento, e fanno solo dei figli, che rubano il posto all'asilo ai nostri, e che le badanti prendono troppi soldi, e stanno qui quattro o cinque anni, poi tornano a casa sua, e si comprano la casa.
E che la Cagnina (con incomprensibile scarto di argomento, ma evidentemente era tutta roba che stava loro a cuore) è da donne, perché è troppo dolce.
Anche la zucca è dolce. E di solito viene ignorata e bistrattata: sarà che è così difficile da trattare. Dura, e ostica. Con tanto scarto, tra la buccia e i semi. Quando si compra una zucca, ci sono gli esperti battitori, come a comprare le cocomere, o i meloni. Battono la superficie con sapienti colpetti, e sanno già se la zucca è buona o farlocca. Beati loro. Io i colpetti li do per contegno, ma non ci capisco nulla. Dicono che il suono dev'essere sordo. Dicono di guardare il "picòl", il picciolo, che sia ancora morbido, e tutto attaccato alla sommità della cocuzza. Dicono di guardare bene che non ci siano avvallamenti, zone molli, o ammaccature.
L'operazione più ingrata è sicuramente quella di mondare la zucca: a parte che non ho una grossa abilità, a maneggiare coltelli, e mi faccio sempre male alle mani. E quei taglietti bruciano da morire, col freddo, con l'acqua. Pazienza: da sempre, tengo da parte i semi, della zucca. Una volta si appoggiavano sul ripiano della stufa, per una grossolana tostatura.
La zucca che avanza si può anche congelare, ma va mangiata per forza prima di Carnevale.
Ma quello che mi interessa davvero sono quei dadini arancioni, ottenuti dopo immani sforzi.
Padella larga, olio a profusione, cipolla da soffriggere. Un bicchiere d'acqua e uno di vino. E dentro i dadini, da far cuocere fino a che non si sfrappolano ben bene, sotto potenti colpi di forchetta impugnata in orizzontale.
Da parte, in una padella più piccolina, si fanno cuocere fino a che non diventano croccanti, delle piccole striscioline di pancetta.
Fusilli, che sono la pasta migliore per la zucca, e se ne raccoglie molta e buona, in quelle spire voluttuose. Una volta che la pasta sarà cotta a puntino, si unisce la zucca, una manciata generosa di parmigiano, le striscioline di pancetta, un poco di prezzemolo tritato ed una pizzicata di pepe.
Buona da morire, questa pasta. E anche semplice, una volta superato lo scoglio della zucca. Dura, e testarda.
E quante volte me lo sono sentito dire, nella mia vita, che sono proprio una zuccona.
Quanto è vero.. Una zuccona al punto che bastano due mestolate d'acqua, e si scioglie come il burro. Quanto sono lunghi, quei viaggi a ritroso sulla zucca delle FF.SS che porta indietro dal Nord Est.
Quanto ho pianto. E quanto ancora.