Le segretarie degli studi medici si somigliano un po' tutte.
Hanno il bancone sempre un po' alto, a cui ci si appoggia stando in piedi, mentre loro, da dietro, rimangono sedute e sembrano un po' in trincea. Guardano la gente tenendo gli occhiali sul naso, e lo sguardo diffidente.
Perché la gente, negli studi medici, generalmente si lamenta.
Soprattutto se lo studio medico in questione è quello del fisiatra, o dell'ortopedico.
E allora è un concerto di ululati, soprattutto quando cambia il tempo.
Le segretarie degli studi medici sfarfallano gli elenchi dei pazienti, sopra la scrivania. Rispondono al telefono, mantenendo gli occhi fissi sul monitor del computer. E con gesti secchi e precisi tengono a distanza ogni tentativo, dall'altra parte del bancone, di lanciare lagnanze come bombe a mano.
Ma basta girare l'angolo e scostare la tendina della sala d'attesa che si spalanca tutto un altro mondo.
Luce chiara di neon, legno chiaro del parquet e delle spalliere sulle pareti.
Laura mi accoglie con il sorriso e il candore abbacinante della sua maglia e calzoni bianchi da operatore sanitario.
Montatura degli occhiali rossa, piccola e bassa, capelli corti e sbarazzini, e due braccia come le mie gambe.. Pardon? Guardo meglio. Sì sì, non gliele hanno montate per sbaglio. Sono due gru da cantiere edile attaccate ad una struttura leggera come una farfalla. Ed un modo di fare disarmante.
Sei lì che ti abbandoni, sul lettino, con intorno tutte le forme colorate della rieducazione motoria: palle colorate, palle morbide, di tutte le misure, come tante bolle d'arcobaleno. Disegni di bambini sulle finestre: "Grazie Laura perché adesso cammino bene e posso giocare ancora". L'ultima puntata dell'Isola Dei Famosi raccontata a beneficio di tutti i presenti, sparpagliati tra un deambulatore ed una cyclette..
E mentre apprezzo sulla guancia la morbidezza del cuscino e sono pronta ad arrendermi... TRAK!
La mia caviglia è presa nella morsa senza scampo di quelle due braccia, dotate di vita propria, che girano il piede senza pietà in tutte le direzioni consentite, e spezzano le resistenze di due mesi di inattività totale.
Ingenuamente, credevo che il dolore più atroce sarebbe stato quello dell'infortunio, ormai alle mie spalle. Mi sbagliavo.
Ma non posso farmi vedere così frignona proprio adesso, proprio davanti a Giuseppe che è caduto sul ghiaccio trascinato dal suo pit bull. Davanti ad Anna, con la schiena esausta dopo una vita di lavoro e di pastasfoglia tirata col mattarello. Davanti all'altra Laura (non la fisioterapista) che ogni giorno mette a posto un arto, per scoprire, durante la nottata, che gliene fa male un altro..
Ma soprattutto, non davanti a Beppe.
Settantaquattro anni, svirgolati brutalmente da un ictus.
Quando entra in palestra annuncia trionfalmente: "Ecco qui tutte le mie donne!...". E appena dietro di lui quella santa donna di sua moglie, che lo rincorre con il bicchierino del caffè in mano, allungandogli uno scappellotto appena vede che bacia qualche fanciulla.
Beppe si prepara una barzelletta ogni giorno, da raccontare a tutte le sue donne (Giuseppe e Norberto non vengono neanche considerati), e sono sempre barzellette sporche..
Non fa gli esercizi che gli sono imposti: ne accenna due o tre, poi lascia perdere e si dedica all'intrattenimento, che è poi l'unico vero motivo per cui è lì, credo.
Laura lascia fare, e sospira. Anche sua moglie, e aggiunge: "Pensate che quando è a casa, invece, dorme sempre!".
Alla fine, invitano me ed Ennio a casa loro, a mangiare le tigelle. E ci sta anche bene, che saltasse fuori qualcosa da mangiare anche da questo posto: la palestra meno salutista del mondo.
Ma non è ancora il momento di pensare ai piaceri della vita: è il momento della mia bestia nera.
La tavoletta propriocettiva.
La propriocettività è una forma di sensibilità dell'organismo, grazie alla quale si riesce ad avere la percezione di sé in rapporto al mondo esterno. In pratica, sapere in quale posizione ci si trova, anche ad occhi chiusi, e saper reagire agli stimoli esterni che tendono ad alterare la nostra posizione nello spazio.
Facile.
Lo sanno fare anche i bambini.
La prima volta che ho avuto a che fare con la tavoletta propriocettiva, prima di tutto, non ne ho saputo pronunciare il nome. E già questo avrebbe dovuto mettermi in guardia da lei.
Ma l'ho sottovalutata, quella bastarda..
In piedi, su quella piattaforma infernale, prima è stata la sorpresa: ma come? Che fine ha fatto il mio equilibrio? La caviglia si rifiutava di fare ogni cosa.
Poi è arrivato il turno dell'incazzatura pazzesca.
Ogni giorno la guardo, alla fine della mia sessione di tortura. E la odio.
Tutti lo sanno e, rispettosamente, tacciono, concentrandosi sull'attrezzo con cui hanno a che fare in quel momento.
Laura si assenta con una scusa. Va nella stanza del laser a sistemare un paziente. Per risparmiarmi l'umiliazione dell'ennesima sconfitta.
Giuseppe sia allontana finalmente riappacificato con la moglie.
Anna pedala, in lontananza. E l'altra Laura rotea il suo bastone da majorette.
Rimaniamo solo io e lei, la mia nemica acerrima.
E la sfida si rinnova.
La aggredisco all'improvviso, piombandole addosso senza preavviso. Lei scalcia, e mi dà il suo avvertimento con le prime due o tre fitte dolorosissime alla caviglia. Piano: la violenza non è la tattica migliore, con lei. Bisogna addomesticarla, e distribuire il peso corporeo con parsimonia. Ma lei non si fa fregare così facilmente.. Scappa ai lati quasi a sbeffeggiarmi, maledetta.
Non chiedo troppo: solo cinque secondi senza toccare il terreno in uno dei due versanti.
Ma lei no, crudele, non mi lascia neanche una mezza speranza.
Vado via sbuffando, giurando a me stessa che domani avrò la mia vendetta..
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