NO WAY SIS
La serata cominciava dalla radio. Due ore di diretta, dalle 18.00 alle 20.00.Io e il Fratellone, ai microfoni. Il suo era quello fisso, ancorato alla consolle. Il mio era quello mobile. Come me, che giravo come un prillo e non tacevo mai, e facevo un casino boia, e Gianca era bravo, a tener dietro al casino e a dare una parvenza di professionalità a tutto l'insieme. Andavamo lisci come l'olio, con collegamenti di idee al volo, che capivamo prima di dirli. Che a volte capivamo dopo averli detti. A volte, abbassava il volume dei microfoni, e me ne diceva tante, me ne diceva tante, che una volta il mio moroso ha sentito e a momenti gli tirava un pugno. Non so perché, visto che io non me l'ero presa minimamente.
Quella sera Gianca era un po' giù di morale, e io, per pareggiare i conti, facevo il doppio del casino. Tanto ho insistito che, alla fine, sospirando, mi ha detto che sarebbe uscito anche quel sabato. E non c'era bisogno di prepararsi, o imbellettarsi. Maglietta, pantalonacci militari. Maglietta di ricambio per il dopo. Perché sarei uscita dall'Oasis così sudata da rischiare un malanno. Mi domando ancora il motivo per cui le adolescenti, ora, passino ore e ore di trucco e preparazione per andare in discoteca. Prima abbiamo fatto tappa al Temple Bar, da Dudu, praticamente come ogni sabato prima dell'Oasis. E lì c'era il Gabibbo al bancone. Che riposi in pace. Ho rischiato di giocarmelo, Gianca, quella sera. Perché si erano intrippati, lui e il Gabibbo, a suonare e a bere birra. Ho dovuto triplicare il casino, a questo punto, per riuscire a farmi sentire. Ad impormi, e a convincerlo a sradicarsi dal bancone e dal Gabibbo, per venire all'Oasis con me. Alla fine, sospirando, mi ha dato retta: non senza l'ultima raccomandazione, 'Lara, se si avvicina qualche donna, te cacciala via senza tanti complimenti, che stasera non ne ho mica voglia'. Ancora meglio, così ce la saremmo ballata insieme, tutta la sera. Tutto Vanni, Max, dallo ska all'elettro, e un immancabile puntata nel regno di Enzo, tra tutti quei pazzi che suonavano la chitarra all'aria.
Io non vedevo l'ora. Come ogni sabato. Come ogni volta che parte l'intro del tuo pezzo preferito. La Dani in biglietteria. Morris all'ingresso. La Francy Mora in attesa del primo pezzo che la ispirasse, che fossero i Depeche Mode, o i Cure. Poi tornava di nuovo seduta, sdegnosamente, al primo accenno di Smash Mouth. Per poi riattivarsi col brit pop "He lives in a house, a very big house in the country...".
Zanna mi intercetta appena entrata: "Lara, c'è una tizia che ti vuole conoscere". E' lì dalla consolle. "Ciao, io sono la Lara!", "Ciao, io mi chiamo Cristina!". Mi giro verso Gianca, per fare le educate presentazioni: e lo trovo così, a bocca aperta, con l'espressione del pesce bollito e la faccia da pirla! Parte un messaggio telepatico fortissimo, da quel cervello in tilt, senza emissione di alcun suono: "LARA-CHIAMALA-A-BERE-LARA-CHIAMALA-A-BERE-CAZZO!". E io: "Cristina, vuoi bere una birra con noi?". Ci facciamo largo tra la folla, e arriviamo al bancone grande, quello che fa da spartitraffico tra la sala principale e la roccaforte dei metallari. Giro di birra, e mi sento un filino di troppo: "Beh, io me ne vado a fare un giro!". Il giro in questione è proprio la circumnavigazione della pista da ballo: ingresso a destra, consolle sopraelevata, barettino di nicchia, i cessi, costeggiata della sala di Enzo, e il mega-bar centrale. Il tutto inframezzato da gradini e divanetti, sui quali pascolava la miglior genìa di gente che io abbia mai visto tutta insieme. A volte, le tappe della circumnavigazione portavano via un buon tre/quarti d'ora, per le chiacchiere, i saluti, le lumate sulle taccate dei dark/punk/metal/grunge esemplari, o sul livello di fuorezza di qualche animale da bar, già ampiamente oltre l'esplorazione dei territori conosciuti della propria mente.
Mi ricordo la Fabiola, che ballava tutta la sera roteando su se stessa, e tutti si domandavano come facesse a non stramazzare al suolo dopo i primi 50 giri. Mi ricordo Sergione, con la miscela adeguata di tequila sempre con sé, per non dover patire mal di testa il giorno dopo. Mi ricordo l'Erika, con tutti gli elasticini sulla testa, coi capelli conciati a mò di puntaspilli.. Ma ce n'era in ogni cantone, e su ogni divanetto si consumava un'epopea (a proposito: di divani così brutti non ne ho mai visti neanche al Condor!). E anche quella sera, la circumnavigazione è durata un tempo adeguato, e quando sono tornata al punto di partenza.. oibò, Gianca era ancora là con la Cri, e si stavano esplorando vicendevolmente. Io mi piazzo alle spalle della Cri, faccia a Gianca, e ballo il balletto della felicità, roteando i pugni in avanti con ampio movimento circolare. Gianca apre gli occhi proprio in quel momento, mi vede, e libera una mano il tempo sufficiente per mostrarmi un eloquente gesto di smammare, e alla velocità della luce.. Ma certo, Fratellone, che tra l'altro Max mi ha appena messo su i Prodigy! E via che si balla.
E dopo tanti anni siamo ancora qui che balliamo.. Io con questa pancia smisurata. Gianca con la sua bellissima moglie. Zanna, la Francy, Sergio che compie gli anni adesso. Morris. Enzo chissà dov'è finito. La Fabiola, Vanni, la Dany, Ghini. Non c'è più Max, e faccio ancora fatica a rendermene conto.
E neppure l'Oasis. L'Oasis. L'Oasis l'hanno tirato giù. E dove se ne andranno a ballare tutti i ragazzi, adesso? C'è troppa luce, in quei posti tutti tirati a lucido. Troppi neon. Troppi chupiti. Troppo trucco e poco sudore. Troppi taggamenti su Facebook, per dire io c'ero. Ma quando c'eravamo davvero non c'era bisogno di taggare. Tutto stampato qui, nella mente. Dopo quasi 20 anni.
Nonostante l'Oasis non ci sia più.
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