Informazioni personali

La mia foto
Spezzano, Modena, Italy
Inguaribilmente energetica, e contagiosa.

28 novembre, 2008

IL MIO ARMADIO


L'armadio di Calvanella, in origine, era foderato di un'orribile tappezzeria a fiori, ed era l'armadio nella camera di papà e mamma, nella villetta a schiera di via Torrente Dragone. Poi, per fortuna, gli abbiamo tirato via il rivestimento fiorato ed è diventato il mio armadio, color legno di frassino naturale, nella casa su a Fogliano.
In alto a destra, dove adesso ho posizionato le borse, ci stava la "Bacheca Dorata": la raccolta dei miei film preferiti in videocassetta. Bagdad Cafè. All That Jazz. Labyrinth. Assassini Nati. Film Blu. Gli altri non me li ricordo più. Nell'anta grande a sinistra c'era appeso il poster/caricatura dei Tacchini Selvaggi e l'adesivo di Gallo Tattoo, preso quando sono andata a fare il mio tatuaggio. Sempre a destra in alto, invece, la foto (e c'è ancora) di Chris Cornell. Mai tirata via.
Come abitudine, l'ultimo cassetto in fondo è per le scarpe. E per prendere le maglie delicate monto in piedi sul terzo cassetto.
Da Fogliano, l'armadio è migrato direttamente a Spezzano, al Borghetto. Non è venuto a Montale, saltando a piedi pari il mio matrimonio. E non è passato per Modena dal Gigante. Mestamente, si è fatto smontare e riportare a Fogliano, da mio padre, per poi rimanere vuoto ed inutile. Solo a contenere qualche coperta di lana che non trovava spazio da nessuna altra parte.
E, inaspettatamente, l'armadio è stato smontato di nuovo e portato in Calvanella, la casa da dove proviene gran parte della mia famiglia.
Per lui, dev'essere stato come il risveglio prematuro da un letargo: poveri, i suoi giunti martoriati. Scomposti, riassemblati, senza neppure il tempo di assestarsi ad ogni primavera con sani scricchiolii. L'armadio deve aver pensato, tra sè e sè: "Lara... Che è 'sto posto? Ma quando li hai comprati, questi vestiti che non conosco? La smetti, di farmi fare della strada?? Gli armadi non devono percorrere strade. Non è nella nostra natura. Altrimenti ci avrebbero fatti con le gambe. O ci avrebbero montati con le rotelle sotto. Quindi, per favore, basta...".
Povero armadio.
Però è così bello vederlo lì, montato e bello farcito col mio campionario di abiti ed accessori. Scusa, Armadio, se ti ho fatto fare tutta questa strada. E non ti preoccupare della storia con il guardaroba Aneboda! E' solo un'infatuazione di una stagione.. Chiediglielo, al guardaroba Aneboda, se gli ho fatto fare tanta strada quanta ne ho fatta fare a te! Al massimo, l'Aneboda può dire di aver fatto da Casalecchio a Calvanella, lo spazio dall'Ikea a casa. Ma te, invece.. te, è tutta la vita che ti porto con me.
Va beh l'armadio.. E la cucina, invece??? E le ricette???
Sto arrivando.
Ieri ho messo su il primo caffè.
Fuoco alle polveri: si ricomincia.

24 novembre, 2008

"UNO ZUPPONE FITTO FITTO"


E' il modo migliore che ho trovato per descrivere la ribollita toscana.
E il modo migliore per descrivere un fine settimana da capogiro.
Da dove partiamo?
Venerdì sera gay friendly, con le bimbe al Frozen di Modena, per assistere con ammirazione (e malcelata invidia per gambe e chiappe) alla danza aggraziata di una stangona di due metri che ha incantato una platea variegata di modenesi, di solito così bacchettoni e inquadrati. In fin dei conti, "sei etero o sei gay, sei etero o sei gay, tu fatti i c***i tuoi che io mi faccio i c***i miei"..
Sabato pomeriggio al Giglio, di Reggio Emilia, per vedere i nostri beniamini cariparmici, che ci hanno fatto un po' penare. Non tanto per la partita.. O non solo. E' stato quel ritardo a farsi vedere alla fine. Quando sono usciti non c'erano che poche centinaia di persone sugli spalti: il pubblico, in realtà, era rimasto per guardare un tramonto memorabile sullo stadio, nel ghiaccio di una folata polare che arrivava direttamente dal profondo nord.
E' stato brutto, perché càpita continuamente di perdere le partite: ma si va, davanti al tifoso intirizzito, triste, con la parrucca variopinta e floscia in testa. E gli si dice, in faccia: "Mi dispiace".
E il tifoso sorride, e si va a prendere una birra con tutti gli altri. Ma è così deludente, ricevere un'indifferenza immeritata, e rimane solo il bel ricordo di un incredibile tramonto violetto.
Poi il ritorno in macchina verso Modena, caotico. Il Calatrava sull'autostrada di Reggio Emilia illuminato in tricolore, non so per la partita di rugby, o se sia sempre così.
Sono un po' lunatica.
Penso ad Ennio, e penso che è il primo fine settimana che non ci si vede da sei mesi a questa parte. Riempio la testa alla Principessa con le mie paranoie, da Reggio fino all'Exalumeria.
E quando entro lo vedo: Ennio è lì. Con una birra davanti. E tutte le Foxy dietro di lui, che ridono come delle matte.
Mi pietrifico sull'ingresso dell'Exalumeria e, dopo un attimo di niente, mi precipito da lui, per vedere se è vero o se mi hanno portato solo una sagoma cartonata di lui.
No, no.. Lui c'è, e sarà con noi anche per la trasferta del giorno dopo, a Livorno.
Terreno pesante, carriolate di sabbia a riempire i buchi del campo, appena prima delle partite.
Le livornesi ci regalano, alla fine della giornata, la loro ribollita. Ancora con le maglie da gioco, mescolano energicamente enormi pignatte piene di minestra, densa calda e fumante: una benedizione, perché quest'aria fredda taglia la pelle.
Una minestra di cuore: ci finiscono dentro un sacco di avanzi.. Tutta la verdura cotta in settimana, viene riunita nel pentolone (basta che ci siano fagioli e cavolo nero: quelle due cose non mancano mai). Per non buttare via niente. Compreso il pane raffermo. Un filo d'olio extravergine a fine cottura, per mantecare, ed impreziosire la frugalità degli altri ingredienti.
E che bene, che fa, scendendo nello stomaco vuoto..
Facciamo una piccola deviazione a Tirrenia, per vedere il mare, e per bagnarci i piedi: di solito, a fine partita, si dovrebbe fare il bagno nel ghiaccio. E infatti la temperatura del mare toscano non si discosta poi di tanto dallo zero..
Le curve della Cisa, per tornare a Modena.
E poi? Vuoi forse lasciare Ennio da solo per il viaggio di ritorno? Macchè: non ci penso neanche. Appena scesa dal furgone della società, riprendo la macchina per scortare nel Nord Est il mio Cavaliere. Beh, almeno ci provo: il ginocchio mi tradisce appena prima della barriera di Mestre. Così Ennio deve farsi spazio nel mini-abitacolo della mia scatoletta a quattro ruote, per terminare il tragitto.
E stamattina mi appresto a riprendere la strada verso casa, ma... ma come?! NEVE???
'Orco cane..
La più grossa nevicata (nel senso di estensione) che io abbia mai visto: da Udine a Bologna. Graziata solo per l'ultimo tratto di strada, quando ormai, per fortuna, potevo riprendere la mia "normale" settimana lavorativa. Una bella ribollita di eventi, nevvero? Ma quanto bene.. quanto bene, fa tutto questo!..

20 novembre, 2008

ESTASI CULINARIE

Ho appena finito di leggere il primo romanzo di Muriel Barbery, scritto prima di essere sommersa dalla fama e dalle lodi per L'Eleganza del Riccio.
Un dramma consumato in tempo reale in un condominio signorile di rue de Grenelle: Monsieur Arthens, il miglior critico gastronomico del mondo, sta morendo.
Prima del trapasso intende ritrovare un sapore provato che non riesce ad individuare tra le migliaia di sollecitazioni alle papille della sua vita. E lo vorrebbe assaggiare di nuovo, prima di morire.
Inizia così la galleria dei sapori, un cibo ed una sensazione per ogni fase della vita. Con abbondante contorno delle persone che hanno accompagnato Arthens nella sua vita. Semplici compagni di tavola, o compagni di una vita. Non importa il ruolo. Importano i sapori, e gli odori. Anche il cane ha la sua parte, e la sua nuca che sa di pane appena sfornato.
Non dirò se, alla fine del libro, sarà o no ritrovato il sapore ultimo e sublime. Non posso neppure essere certa del fatto che esista davvero, il sapore ultimo e sublime.
Quel che voglio tenere stretta è questa sensazione di... indigestione.
Abituata a mettere giù "alla buona" le mie ricette e le mie storie, sono rimasta frastornata da questa ridda di aggettivi e sensazioni.
Ho preso l'aglio, come segno distintivo.
Perché è disprezzato, amato, odiato, celebrato per le sue proprietà medicinali. I cinesi insultavano i coreani chiamandoli proprio così: mangiatori di aglio.
Tiene lontani i vampiri, le zanzare. Ogni sorta di succhiatore di sangue. E fa bene al sangue, proprio: alla circolazione, al cuore. Ma danneggia il cuore, per allontanare ogni bocca dall'altra al momento del bacio. Olezzo che non si riesce a parare in nessun modo, se non peggiorando la situazione ed evidenziandone la presenza, per contrasto.
Aglio nella cucina quando fa da mangiare mio padre: che sa fare solo una cosa, in cucina, e tutte le volte la ripete, con consumata consuetudine. E' un sugo per i maccheroni. Nulla più che tre spicchi triturati direttamente sul piano di granito, spappolati con il dorso del coltellaccio (così da far sprigionare bene a modo tutto l'odore possibile). Imbrunitura veloce nell'olio bollente, cascata di pomodorini freschi e una pizzicata di basilico. Stop. E mai non manca di apprezzarne il risultato, alla prima forchettata di pasta. "Mmmmmh, che buono l'aglio!". Sì, buono. Ma già penso ai miei poveri clienti del pomeriggio, e se posso fare affidamento su una buona scorta di Vigorsol nella borsa.
Sarà forse questo il mio sapore primordiale, al momento giusto? Non saprei. Ce ne sono ancora talmente tanti, da scoprire.. O sarà come mi ha ricordato la Pri: che più diventi vecchio, più hai bisogno delle persone che conoscevi da giovane.

12 novembre, 2008