Cambiano le stagioni, anche in base alla consistenza del campo.
Quest'anno ci è arrivato veramente malconcio, alla primavera, il nostro amatissimo e sudatissimo campo. Sabbia, rulli, generose annaffiate... non si può comunque nascondere ciò che è evidente agli occhi ed al tatto.
Erba, non ve n'è.
Ma ci pensa il buon Sergio, a spargere il fertilizzante: quei grumini bianchi che sembrano inoffensivi, e se invece sfreghi la pelle per terra, scopri essere altamente urticanti e fastidiosissimi.
Il buon Sergio, sigaretta sempre accesa, sempre in bocca, mai tra le dita, impegnate con spago, conetti, badile, motocoltivatore. Il buon Sergio non si dà pace: impreca contro la siccità e contro i tacchetti dei bisonti del campo. Non ha mai giocato a rugby, ma è la persona che passa più tempo sul campo da rugby. Il buon Sergio ormai è vecchio, o almeno, sembra vecchio. Gira su una Cinquecento violetta, tirata come una Ferrari e sempre lucida. Fa un bel contrasto con i suoi abiti da lavoro, logori e perennemente sporchi di terra. Il buon Sergio, quando si gioca, sta defilato da una parte, quasi soffrendo per il fatto che il suo lavoro di una settimana sia vanificato da un'invasione barbarica di qualche ora.
Il buon Sergio viene da noi, e ci dice di fare allenamento dietro l'area di meta. Marco si incazza, e lui si giustifica, che sono ordini del Presidente. Marco si rassegna: "Se l'ha detto il Presidente, allora va bene".
Il buon Sergio. Non l'ho mai visto dare confidenza a nessuno. Eccetto quella volta, dopo un terzo tempo, che doveva proprio aver esagerato col Lambrusco, perché non riusciva a guidare: l'ha accompagnato a casa il Presidente, guidando l'ambitissima Cinquecento violetta.
Il buon Sergio, una volta, mi ha dato il suo biglietto da visita: io ho preso il cartoncino bianco tra le mani, curiosa più che altro per scoprire quale titolo si era assegnato questo personaggio.
E c'era scritto così, oltre al numero di telefono: "Sergio".