Hanno un bel giallo brillante, spiccano tra i colori di questo autunno variopinto. Erba umida sotto i piedi, mano nella mano, a passeggio lungo il canale che oggi hanno lasciato inspiegabilmente aperto.
Scorre veloce l'acqua livida, si vede l'argine rigonfio delle piogge a monte. Gocce di resina odorosa aggrappate ai ciliegi, dove erano stati tentati gli innesti. L'Omone si preoccupa di raccogliere una ghianda, per piantarla nel terraio, e prapararle una coperta di foglie secche, che resista al freddo che sta già arrivando.
Io invece vado subito dalle mele cotogne, sporgendomi sul canale per avvicinarmi un ramo. L'Omone mi prende ai fianchi: "Occhio, bella. Che l'acqua del canale non è così profonda da fare i tuffi!".
Sono frutti pieni, pesanti. Profumano tantissimo, di polpa, di buono.
Hanno una leggera peluria sulla buccia, che cade solo sfregando un po' con il palmo della mano. Non si mangiano così, le mele cotogne. Hanno un sapore asprigno che lega la lingua. Ma riservano sorprese. Tolto il cuore legnoso, sbucciata la pelle gialla, e tagliato tutto a pezzettoni, si fa bollire nel pentolone con un mezzo limone. E così, la mela cotogna, che sembrava così ostica, rivela tutta la sua dolcezza: il calore scioglie le lunghe catene di zuccheri, e il preparato diventa, come per magia, dolcissimo. I nonni usavano la confettura molto concentrata della mela cotogna al posto del miele, per dolcificare. Basta saperlo. Basta conoscerlo.
Il nome latino della pianta è Cydonia: il nome di Atena o Minerva, figlia di Zeus, dea della sapienza e degli aspetti più nobili della guerra, mentre la violenza e la crudeltà rientravano nel dominio di Ares o Marte. Una dea donna ed un dio uomo. Caso strano, però, Cydonia è anche uno delle zone di Marte (il pianeta): quella in rilievo, in cui pare si possa scorgere un volto, femminile.
Donna, uomo. Saggezza, furia. Dolce, aspro.
Tutto contemperato, tutto insieme.
Chi l'avrebbe mai detto?