Non ci si può mettere a cucinare con la fretta addosso: tutto quello che ne verrà fuori avrà un sapore di pressappoco. Bisogna cucinare con pazienza, e aspettare che evapori un'intera bottiglia di Bardolino per mezzo chilo di salsiccia. Le salsicce non devono essere troppo grasse, e macinate abbastanza finemente. Le si deve incidere per il lungo: dentro ci va messo uno spicchio di aglio, avvolto in una foglia di salvia. Legate la salsicce con il fagottino dentro, ci si può dedicare al sughetto: il vino va fatto bollire, molto lentamente, con un paio di foglie di alloro (che però vanno fatte sparire quasi subito), olive nere e capperi. Le salsicce sono da mettere dentro la casseruola già ad ebollizione in corso, avendo cura che subito siano coperte completamente dal vino. Non salare: ci pensano le olive e i capperi, a rilasciare sapidità. Poi il vino si rapprenderà, il sughetto diventerà sempre più denso, e occhio a non far attaccare tutto: ci vuole una cura pazzesca per tenere dietro a questo piatto. Ci vuole pazienza e non ci si può distrarre, andare in giro per la casa, parlare al telefono.
Ci vuole pazienza.
Per un piatto che richiede circa due ore di preparazione e 10 minuti per mangiarlo. Con scarpetta. E il Gigante che ancora a bocca piena mi chiede: "Ce n'è ancora?". Come si fa a spiegare il valore del tempo, e la dedizione?
Mi ricorda tanto "Dolce come il cioccolato", un libro di Laura Esquivel (tutto questo blog, peraltro, somiglia a quel libro: il sottotitolo recita così "Romanzo a puntate mensili con ricette, amori e rimedi casalinghi"): la protagonista della storia, Tita, aveva in serbo una ricetta sorprendente. Le quaglie ai petali di rose. Preparate con delle rose regalate da Pedro, e bagnate con una goccia del suo sangue appassionato uscita casualmente per una puntura delle spine, hanno il potere di scatenare in tutti i commensali una frenesia d'amore tale da far surriscaldare la pelle.
Due carampane acide, che non hanno capito nulla di quello che stavano mangiando, domandano a Tita la ricetta. Lei spiega la preparazione, ma aggiunge, alla fine, che non serve a nulla cucinare, se non lo si fa con amore. E le due carampane ringraziano, sorridono e la guardano mentre si allontana lasciando dietro una scia di felicità. Poi si voltano a bisbigliare, cattive: "Come no?! E io il mio amore lo spreco proprio per queste cose qui..".
Non bisognerebbe mai perdere la gioia di riempire una valigia di dischi prima di una serata.
Mai dimenticarsi di dare un bacio prima di addormentarsi, e far scivolare un "Buonanotte" nel buio.
Attaccare alla parete quella fotografia scattata già da mesi, per cui era già stata comprata la cornice.
Girare la macchina fuori dal percorso consueto, e ritagliare 10 minuti per la nonna.
C'è una frase, prima del libro, dove di solito si mettono le dediche: "A tavola e nell'alcova si invita una volta sola".
4 commenti:
Amore per il cucinare, ovvero amore tout court per ogni aspetto della propria vita di relazione.
Frequento questo blog, con discrezione, per rubarne qualche scampolo e provare, da lontano, i gesti del Maestro.
Che pallida imitazione (e già il paragone è troppo) il mio risotto al radicchio o i salamini al vino rosso.
Sempre meglio dei sofficini, però!
e' troppo rock questo blog!!!
Nessuno può insegnarvi nulla, se non ciò che in dormiveglia giace nell'alba della vostra coscienza.
...
L'astronomo può dirvi ciò che sa degli spazi, ma non può darvi la propria conoscenza.
Il musico può darvi la melodia che è nell'aria, ma non può darvi il suono fissato nell'orecchio, né l'eco della voce.
E il matematico potrà descrivervi ragioni di pesi e misure, ma colà non vi potrà guidare.
Giacché la visione di un uomo non impresta le sue ali a un altro uomo.
Gibran Kahlin Gibran
;)
chi parla male ddei sofficini!
:) ammè sto blogo piace ogni post di più
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