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Inguaribilmente energetica, e contagiosa.

25 marzo, 2008

PIUTTOSTO CHE TIRAR SU DELLA GHISA, FACCIO IL PANE


... che, tradotto in buon italiano, potrebbe suonare anche così: "Poiché il movimento di impastare il pane coinvolge così bene la muscolatura della parte superiore, lo preferisco alle sedute in palestra".
Gianca è orgoglioso di darmi da mangiare quel panino, per cena: il panino che ha impastato lui, con un po' di zafferano e semi di finocchio, e prosciutto cotto come infarcitura.
Il panino, in realtà, è un panone spesso e corposo, con la crosta ruvida, croccante, ma morbido dentro, con la mollica porosa che arriva al palato con consistenza paradisiaca quasi di pèsca.
Il panino di Gianca è frutto di quattro ore di lievitazione, in due sessioni successive.
Quando è andato a chiedere il lievito al fornaio, il fornaio glielo ha regalato: "Una volta lo venivano a comprare tutti quanti, ma ora non me lo chiede più nessuno".
Gianca ha imparato a dare importanza al rito della panificazione: perché gli ingredienti sono veramente pochi, ma molto permalosi. Guai a trascurare un passaggio: la vendetta si ripercuoterà sulla pagnotta finale, in termini di durezza, secchezza, poco appetito.
Per esempio: mai usare il lievito appena fatto uscire dal frigorifero. Scioglierlo in acqua tiepida (tiepida: non calda! Errore gravissimo!) e aggiungere un cucchiaino di zucchero per stemperare l'amarognolo che può insinuarsi nel gusto per il lavorio di fermentazione. Gianca ha introdotto, con l'esperienza, questa piccola variante: non un cucchiaino di zucchero, ma bensì miele di castagne. Una finezza che è stata ripagata con soddisfazione.
Lasciare 10 minuti il lievito sciolto in una pozzangherina in mezzo al vulcanetto di farina: e non abbiate fretta, che quei 10 minuti sono fondamentali.
E naturalmente il lavoro di braccia.
Gianca mi ha chiesto: "Vieni a casa mia, una di queste sere, che facciamo il pane...". E mi immagino noi due, dai lati opposti del tavolo, con la farina fino ai gomiti, che ci raccontiamo le nostre storie, ritmate dal suono costante del tagliere che viene sollecitato dal di sopra, dalle spalle, dall'impasto.
Conclude: "Poi, prima di infornare, spennelli le pagnotte con un misto di olio e burro: l'olio serve per togliere, in seguito, l'umidità. Il burro serve per la doratura dell'infornata".
Gianca guarda le pagnotte dentro il forno.
Affetta il prosciutto.
Ripone tutte le altre pagnotte nella madia, che saranno buone per almeno altri 5 giorni (vanno conservate dentro un sacchetto di carta e, sopra la carta, una sportina della Coop, di plastica).
Ne tiene fuori una per la cena della Lara. Dentro il tovagliolo di carta.
Nel tempo che lui ci mette a parlare, in macchina, la Lara ha già fatto fuori tutto il panino, e raccoglie dal tovagliolo di carta le ultime briciole ed i semi di finocchio.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

ma pensa te! allora non sono l'unica matta che si fa il pane in casa! che soddisfazione sbirciare sotto la sua copertina e vederlo crescere, in silenzio, piano piano, dopo che gli hai sfogato addosso il nervoso della giornata! ...e che soddisfazione, dopo, quando il profumo invade casa e sulla tavola non ti lasciano neanche le briciole!!

un saluto,

L. Steppenwolf

Orso ha detto...

"AMATE IL PANE
cuore della casa
profumo della mensa
gioia del focolare

RISPETTATE IL PANE
sudore della fronte
orgoglio del lavoro
poema di sacrificio

ONORATE IL PANE
gloria dei campi
fragranza della terra
festa della vita

NON SCIUPATE IL PANE
ricchezza della patria
il più soave dono di Dio
il più santo premio
alla fatica umana"

...a me è sempre piaciuta questa "preghiera", al di là dell'autore cui la si accredita...

;)

djlara ha detto...

Ma guarda che coincidenza, questi due commenti affiancati!
Sabato la SteppenLara sugli spalti del Lanfranchi, e domenica le Orsette portavoci di Orso alla Ghirada.. Avete tutti e due una bella fetta di questa pagnotta/fine settimana.. :)