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Spezzano, Modena, Italy
Inguaribilmente energetica, e contagiosa.

28 aprile, 2008

INVOLTINI


Un simbolo parla per allusione.
Nelle arti figurative, il simbolo rappresenta ciò che, nel linguaggio, si esprime con una metafora: è una contrazione di un pensiero più complesso, ma allo stesso tempo è ben lungi da essere banale. E' affascinante, è suggestivo: nella brevità, si nasconde un significato denso, che si può spalancare all'improvviso, solo che una persona si metta a ragionare.
Non mi separo mai da un anello che ho comprato in Grecia, a forma di spirale.
La spirale è un simbolo prezioso, che condensa tutta la materia dell'evoluzione, o dell'ascensione al divino, o della ricerca della perfezione. E di tutte tre insieme.
La natura pullula di spirali, come le chiocciole, o i viticci delle vigne.
E gli involtini.
Si distendono le fettine di vitello in bella mostra, sul tagliere.
A ciacuna fettina viene dispensata la sua dose di prosciutto (o mortadella), formaggio (fontina, groviera, ma anche delle semplici sottilette!) e una fogliolina di salvia. Fatte le dovute distribuzioni, si arrotolano le fettine su loro stesse, e la forma perfetta della spirale viene sigillata con uno stuzzicadenti, a fermare il tutto.
Nella padella una nocetta di burro, mezzo bicchiere di latte, un mezzo dado e ciò che resta del salume del ripieno. Il bello di questo piatto rapidissimo è che, durante la cottura, dall'interno dell'involtino fuoriescono gli aromi del salume, della salvia, e parte del formaggio, il tutto filtrato dalla carne a spirale, e questo contribuisce ad un intingolo superbo, col quale annaffiare abbondantemente gli spiedini in fase di spiattaggio.
La spirale diventa molto più evidente quando l'involtino viene tagliato nella sua sezione orizzontale: tutti i nostri libri di geometria iniziano con una figura simile.
La perfezione della natura: ciò che sembra frutto del caso, in realtà, segue le sue leggi matematiche e rigidissime, e la perfezione viene ripetuta in ogni casetta di ogni lumaca dell'universo, o nelle celle delle api.
Non mi separo mai da questo anello a forma di spirale che ho comprato in Grecia: quando mi sembra di girare a vuoto, senza direzione, lo guardo, e mi ricordo che sto puntando alla perfezione. In ogni caso.
Quando guardo un quadro di Mirò, sgomitando con altre centinaia di povere vittime del ponte del 25 aprile, so che non sono tre fregi buttati a caso su una tela (magari graffiata, magari bruciata, magari inchiodata con altre cose che non c'entrano una mazza!), ma che anche Mirò cercava la perfezione.
Quando sto su un divano, in riva al mare, con uno Spritz in mano e Mario Biondi che mi canta nelle orecchie: "Questo è quello che sei!", so che anche in mezzo ad un tornado, quando tutto intorno gira all'impazzata, c'è un punto esatto, in mezzo al turbine, in cui si conserva la calma assoluta.
Quando nel bel mezzo di una partita, vedo una mia sorella crollare sotto i pugni di un'avversaria impazzita, e non capisco più nulla, e corro verso di lei, e mi piego su di lei, a spirale, mentre fuori l'avversaria continua a tempestarmi la schiena di colpi; ma dentro, sono lì, su di lei, tutta tremante dalla paura e dalla rabbia, e le dico, con la voce più dolce del mondo: "Non aver paura. Va tutto bene. Sono io, non ti preoccupare..". E in quel punto, nel guscio che ho creato con le mie braccia, si respira la perfezione.
Un'ultima avvertenza: ricordate di togliere lo stuzzicadenti.

21 aprile, 2008

CANEDERLI


Piatto antichissimo, di origine povera e contadina, anche se io l'ho mangiato nella versione "da nozze", con brodo di carne e speck mescolato all'impasto.
Si taglia a dadini il pane raffermo, quello avanzato dalla tavola di molti giorni. Si aggiunge latte, pepe, sale ed uova sbattute, mescolando ben bene, ma senza spappolare il pane: il pane deve diventare morbido, ma senza sfaldarsi.. abilità.
L'impasto deve riposare almeno due ore, soperto da uno strofinaccio. E mescolato, ogni tanto.
Trascorse le prime due ore, va fatto un soffrittino con speck e cipolla, in olio d'oliva (ebbene sì, così dice la cuoca!) e burro. Raffreddato il soffritto, si unisce prezzemolo sminuzzato con mezzaluna, noce moscata e un po' di farina.
Altra mezz'ora di pausa, per far fare amicizia ai sapori. Ed alla fine si possono formare i canederli, pallottole di circa 8 centimetri di diametro. Per non fare appiccicare la pasta alle mani, bisogna tenere una ciotola d'acqua a disposizione, ed inumidire di continuo i palmi. I canederli, poi, devono passare in mezzo alla farina, per definire i contorni.
I canederli cuociono nel brodo, e (secondo la regola generale di ogni cottura nel brodo nel mondo) quando vengono a galla, sono pronti.
Un segreto per le montanare principianti: prima di cuocerli tutti, se ne butta nel brodo bollente solo uno. Se l'impasto non tiene e si sfrappola, bisogna aggiugere della farina all'impasto.
Un'avvertenza quando siete di fronte ad una montanara pura: non usate il coltello per tagliare i canederli nel piatto. E' considerato come un insulto! La brava cuoca, infatti, cucina i canederli morbidi, e per tagliarli basta la forchetta..
La cuoca in questione ha cucinato i canederli perfetti, ed il coltello riposa sereno accanto al mio piatto. Canaderli in brodo, e canederli "nel töcc", cioè un umido di fagioli e pomodoro.
Ci sono due amiche che si conoscono da 35 anni, e si danno ancora del Lei. C'è un fabbro con le mani scure di lavoro: il maglio, nell'antro di Vulcano, gli sta dando da fare. Ma lo ripone per un istante, proprio per concedersi la tregua di questo pranzo. Fuori dalla finestra i Monti del Sole abbracciano queste case, dove un tempo si fermavano i viandanti a cambiare i cavalli stremati dalle salite.
La mia pilona preferita mi ha portato dai suoi genitori, per farmi staccare la spina da questi giorni strani. Ho capito bene il motivo solo quando eravamo già lì. Su un prato di erba a trucioli secca, sotto un'arcata azzurra puntellata dalle cime ancora bianche di neve. Ma la primavera sui germogli, tra i girini del lago, in mezzo al verde vivo del muschio.
Appoggio le mani ovunque, per tenere addosso la consistenza di quello che ho intorno.
Un fine settimana di pavimenti di legno che gemono sotto i passi, di piumone spesso ad accogliere un sonno profondissimo, di un librone di erbe aperto sulle ginocchia per miscelare la cura a tutti i mali del mondo.
Chi l'avrebbe mai detto? Tra le montagne bellunesi si nasconde una dj, che usa gli olii e le essenze invece della musica. Ho preso con me nel ritorno a casa una crema alla mirra, che serve per non fare rimanere le cicatrici sulla pelle. Non ho avuto il coraggio di chiedere se funziona anche per il cuore..

17 aprile, 2008

SENZA TITOLO


Alla fine ricorderemo non le parole dei nostri nemici,
ma il silenzio dei nostri amici.

15 aprile, 2008

LA SOLITUDINE E' PER LO SPIRITO CIO' CHE LA DIETA E' PER IL CORPO


Sarà la stagione.
Saranno coincidenze.
Sarà quel che sarà: ma ultimamente sento parlare sempre più spesso di diete.
Il mio rapporto col cibo, come qualsiasi rapporto d'amore, ha avuto anche dei momenti bui.
Non lo nascondo: certe acrobazie con alimentazione a base di cocomero, o yoghurt ai frutti di bosco in mezzo alla pastasciutta, non possono essere espunte a cuor leggero dalle pagine del mio diario.
O certe imposizioni dan parte degli ascendenti in linea retta, preoccupati dall'esiguo quantitativo di ferro che mi scorreva nelle vene, motivo per il quale ancora oggi non riesco a guardare una bistecca di cavallo senza un tremito di avversione.
Ma posso dire con buona approssimazione di ritenermi soddisfatta: mai ho dovuto sottoporre il mio fisico ad altra imposizione se non la mia semplice fame, o volontà. Per me, non esiste la parola dieta: ci pensa il mio umore, a decidere del mio peso. Ora guardo con tenerezza l'ago della bilancia, arricchita da quel particolare occhio che hanno i rugbisti nei confronti del peso: cioè.. "Tutta salute!".
Ma, mio malgrado, mi sono dovuta avventurare in questo territorio sconosciuto per le persone a me care, lontane e vicine, e le motivazioni sono le più disparate: o una promessa fatta a se stessi, o una reazione di amore ferito per un commento ingeneroso al telefono ("Ah, tu sei quella cicciona!"), o il fatto puro e semplice di non poter appoggiare su un campo i talloni coi tacchetti, per non rischiare infiammazioni assortite.
Morgan ieri sera mi ha portato, come tappa-fame, una confezione di frollini 40-30-30.
Guardo il sacchetto con dovuta attenzione, perché se questi numeri sono le misure che i frollini promettono di appiopparmi, i frollini tornano anche presto presto al mittente! E invece no: benvenuta nel meraviglioso mondo delle diete.
4 frollini corrispondono ad "un blocco": nel tempo che ci metto a leggere le istruzioni (e che cavolo voglia dire "un blocco"), ne ho già fatti fuori 10. Oh, cavolo: ho sbagliato tutto! E poi guardo meglio: non parla di dieta... parla di "strategia alimentare"! Quando sento la terminologia militare, mi viene subito in mente il rugby: prima linea, avanzamento lento sul campo, schieramenti, scontro.. Ma qui il nemico dove sta?? Il nemico è il tuo corpo stesso, e tu devi combattere il grasso appiccicato ai tuoi fianchi come se fosse un corpo estraneo. Il marmo che lo scultore deve eliminare per far affiorare il capolavoro nascosto dal blocco grezzo! O meglio: "Imprigionato in ogni obeso c'è un magro che fa segnali disperati implorando di essere liberato" (Cyril Connolly).
Io credo, invece, che chi va a letto senza cena, tutta la notte si dimena.

07 aprile, 2008

SPAGHETTI AL TONNO


Qui bisogna ricominciare dai fondamentali.
Il Gigante mi guarda da dietro le spalle, attento a non perdere un passaggio.
"Allora, metti l'olio di semi di mais a coprire il fondo del tegamino..."
"Ma non l'olio d'oliva?"
"No, Giga... l'olio d'oliva non va bene per il soffritto. E' instabile. Prendi la cipolla tritata e la fai diventare un po' colorata, in mezzo all'olio bollente. Aggiungi due spicchi d'aglio e li schiacci. Il prezzemolo, il tonno, e un po' di vino bianco. Devi sfrangiare il tonno bene a modo, vedi? Che non ci rimangano dei pezzi grossi. Poi ci metti il sale, e, per ultimo, il pomodoro.. Là!".
Il Gigante mangia sempre in bianco, quando è da solo.
E io a spiegargli: "Ma no, Giga. Non si può mangiare sempre in bianco. In realtà, il sughetto della pasta è una scusa, così uno mangia sempre della roba diversa. Perché non si può mangiare sempre una cosa sola! Non fa bene alla salute. E se anche impari a fare un sughetto, non puoi mangiare sempre e solo un sughetto...".
Va bene. Oggi cominciamo con il sugo al tonno. E domani passeremo alla carbonara.
Lui ripete, concentrato: "Allora: olio, cipolla, tonno, vino bianco...".
"Giga, ci manca l'aglio.."
"Ah, l'aglio. E il pomodoro alla fine."
Il Gigante vive in bianco, quando è da solo.
Prende quello che gli viene dato, da mangiare e da fare, senza fare storie.
Sia che sia il suo lavoro, sia che siano i suoi amici.
E quando gli succede qualcosa di particolarmente impegnativo, va a vedere un fiume.
Cioè, non sto scherzando: madre natura ha messo insieme ME, una donna che non riesce neanche a vedere i fiumi da lontano, e che se passa su un ponte dà fuori di matto, con un uomo, LUI, per il quale la soluzione di tutti i problemi è andare a vedere un fiume.
Che ridere, le prime uscite romantiche: LUI conosceva solo posti vicini ai fiumi, e portava ME, la sua bella in moto, che diventavo cieca di terrore appena vedeva l'acqua scorrere.
Ma lui è sempre stato così: puro e semplice, come una pasta in bianco.
Una volta ho provato a fare un esperimento: l'ho mandato a fare spesa da solo, senza dirgli cosa prendere. "Vai, e prendi quello che ti piace!".
E' tornato a casa tutto contento con quegli orribili salamini snack tedeschi, grandi come un mio mezzo mignolo, sotto plastica. Color vinaccia, coi grumi di grasso giallastro.
E se li è mangiati TUTTI, mentre stavo per servire in tavola le mie pennette ai pomodori secchi e melanzane.
Forse il problema è mio.
Che non riesco a sopportare i salamini tedeschi.
Che non voglio vivere in bianco.
Intanto, io gli insegno a cucinare.
E domani, mangi pure quello che vuole.