Un simbolo parla per allusione.
Nelle arti figurative, il simbolo rappresenta ciò che, nel linguaggio, si esprime con una metafora: è una contrazione di un pensiero più complesso, ma allo stesso tempo è ben lungi da essere banale. E' affascinante, è suggestivo: nella brevità, si nasconde un significato denso, che si può spalancare all'improvviso, solo che una persona si metta a ragionare.
Non mi separo mai da un anello che ho comprato in Grecia, a forma di spirale.
La spirale è un simbolo prezioso, che condensa tutta la materia dell'evoluzione, o dell'ascensione al divino, o della ricerca della perfezione. E di tutte tre insieme.
La natura pullula di spirali, come le chiocciole, o i viticci delle vigne.
E gli involtini.
Si distendono le fettine di vitello in bella mostra, sul tagliere.
A ciacuna fettina viene dispensata la sua dose di prosciutto (o mortadella), formaggio (fontina, groviera, ma anche delle semplici sottilette!) e una fogliolina di salvia. Fatte le dovute distribuzioni, si arrotolano le fettine su loro stesse, e la forma perfetta della spirale viene sigillata con uno stuzzicadenti, a fermare il tutto.
Nella padella una nocetta di burro, mezzo bicchiere di latte, un mezzo dado e ciò che resta del salume del ripieno. Il bello di questo piatto rapidissimo è che, durante la cottura, dall'interno dell'involtino fuoriescono gli aromi del salume, della salvia, e parte del formaggio, il tutto filtrato dalla carne a spirale, e questo contribuisce ad un intingolo superbo, col quale annaffiare abbondantemente gli spiedini in fase di spiattaggio.
La spirale diventa molto più evidente quando l'involtino viene tagliato nella sua sezione orizzontale: tutti i nostri libri di geometria iniziano con una figura simile.
La perfezione della natura: ciò che sembra frutto del caso, in realtà, segue le sue leggi matematiche e rigidissime, e la perfezione viene ripetuta in ogni casetta di ogni lumaca dell'universo, o nelle celle delle api.
Non mi separo mai da questo anello a forma di spirale che ho comprato in Grecia: quando mi sembra di girare a vuoto, senza direzione, lo guardo, e mi ricordo che sto puntando alla perfezione. In ogni caso.
Quando guardo un quadro di Mirò, sgomitando con altre centinaia di povere vittime del ponte del 25 aprile, so che non sono tre fregi buttati a caso su una tela (magari graffiata, magari bruciata, magari inchiodata con altre cose che non c'entrano una mazza!), ma che anche Mirò cercava la perfezione.
Quando sto su un divano, in riva al mare, con uno Spritz in mano e Mario Biondi che mi canta nelle orecchie: "Questo è quello che sei!", so che anche in mezzo ad un tornado, quando tutto intorno gira all'impazzata, c'è un punto esatto, in mezzo al turbine, in cui si conserva la calma assoluta.
Quando nel bel mezzo di una partita, vedo una mia sorella crollare sotto i pugni di un'avversaria impazzita, e non capisco più nulla, e corro verso di lei, e mi piego su di lei, a spirale, mentre fuori l'avversaria continua a tempestarmi la schiena di colpi; ma dentro, sono lì, su di lei, tutta tremante dalla paura e dalla rabbia, e le dico, con la voce più dolce del mondo: "Non aver paura. Va tutto bene. Sono io, non ti preoccupare..". E in quel punto, nel guscio che ho creato con le mie braccia, si respira la perfezione.
Un'ultima avvertenza: ricordate di togliere lo stuzzicadenti.