Penso che sia magia, tutto sommato.
Prima di tutto si fa con una bacchetta di legno: e già questo la dice lunga sulla preparazione.
Poi la trasformazione che ha dell'inspiegabile: dal sacchetto di zucchero, quello dozzinale, quello banale, quello che vediamo stipato a quintali sui pallets di legno del supermercato. Quello che se lo lasci lì troppo sui ripiani della tua credenza, o nelle zuccheriere delle case di montagna, diventa un macigno compatto ed inattaccabile, che al posto del cucchiaino da caffè devi impugnare uno scalpello. Dal sacchetto di zucchero a quella nuvola soffice, quella promessa di paradiso, quella trama trasparente che trattiene i desideri dei bambini.
Quella trama che diventa un tranello, una ragnatela, una maledizione appena provi ad assaggiare, perché la materia che sembrava così inoffensiva si rivela insidiosissima: si appiccica in ogni parte del viso, delle orecchie, della pelle in mezzo alle dita delle mani. La nuvola si sgonfia inesorabile al contatto del palato, e si installa con decisione tra i denti (oddio, pericolo carie... il terrore del trapano dentistico, che viene riesumato insieme a tutti i bei ricordi dorati dell'infanzia!): ciò che era gola, promessa, premio, diventa ingombrante, esagerato, stucchevole, dopo appena due pinzate.
Scenario: quello di Piazza Lusvardi a Soliera, i minuti che seguono la mezzanotte di Capodanno, quelli ubriachi di festa, di abbracci, di esplosioni di luce e scintille, di luci ai bordi del Castello, della musica tarantolata dei Folkabbestia. Ci siamo io e Danilè, quasi sorpresi che la mezzanotte sia passata così in fretta, a tradimento. E non ce ne siamo neppure resi conto. Solo guardando le lancette sulla grande piazza del paese ci siamo accorti dell'inganno: embè?? Neanche un Pippo Baudo che ti faccia il conto alla rovescia? Con la bottiglia di spumante della Coop che impedisce di tenere le mani in tasca, e quindi ci si affretta a versare, per finirla in fretta, tirando anche ampi sorsi a collo direttamente dalla bottiglia, per non dover tenere il bicchiere nell'altra mano: eh già, scusa.. due mani fuori a gelare. Non ci penso neanche!
Poi vediamo il carrettino dello zucchero filato. Sguardo d'intesa con Danilè: neppure bisogno di domandare. Siamo già lì davanti, golosi come scimmie. Ma si ripete anche il rituale ciclico da tempo immemore, che come ogni volta vogliamo dimenticare a tutti i costi, e che ci frega puntualmente: è inutile prendere il lecca-lecca più grande, quello con la spirale colorata.. dopo dieci minuti di leccate giuriamo di non volere mai più mangiare roba dolce per tutta la vita. E' inutile mettere la calza più grossa per la Befana: metà di quei dolci ci risulteranno odiosi anche solo alla vista. E' inutile gioire di un gigantesco sbuffo di zucchero filato: la voglia di dolce sarà subito appagata, e rimarrà invece, ingombrante, quel cuscino bianco che non si può nemmeno passare, come un testimone.
Ci guardiamo attorno, perplessi.
Mi avvicino al palco.
Il cantante ha finito il pezzo e raccoglie gli appalusi, liberando le mani dalla sua chitarra e dal microfono. E' un attimo: sorrido, e gli allungo lo zucchero filato, sul palco. Lampo di gioia negli occhi: i bambini reagiscono tutti allo stesso modo, davanti allo zucchero filato. Prende in mano l'odiosa trappola bianca, e si accorge subito dell'errore di valutazione.
Vorrebbe mangiarlo tutto, preferibilmente in una sola boccata. Ma deve continuare il concerto: è lì per quello! Io e Danilè siamo già spariti, e non ci sembrava vero, dopo esserci liberati del bottino. Lui è sul palco, con lo zucchero filato, e la gente aspetta che suoni.
Si gira, appoggia lo zucchero filato nel posto che gli sembra più comodo, e attacca la canzone.
Il primo giorno dell'anno, i Folkabbestia a Soliera hanno suonato con uno zucchero filato sulla cassa della batteria.
3 commenti:
buono lo zucchero filato!!!
e grazie x le visite sulla mia paginina :D
un baciotto
chiarella
Eh, lo zucchero filato viene proprio da quelle parti lì..
Bazi. ;)
Lara
La foto, dico..
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