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Inguaribilmente energetica, e contagiosa.

04 febbraio, 2008

COSCIA DI POLLO


Mi fa senso la pelle del pollo.
La Romilda, su in Calvanella, non provava alcun rimorso a torcere colli di gallina.
E subito si metteva lì, sulla sua sedia, a spennare allegramente, mentre continuava a parlare di mucche, di latte, di fieno con la Bice, la sua dirimpettaia.
Incurante degli occhi spalancati di noi bambini, già prossimi al pianto per la triste sorte del pennuto, e non ancora allettati dal risvolto culinario del suo sacrificio: era ancora troppo presto, infatti, per mettere in correlazione un bel pollo alla cacciatora, con tutte le verdure fumanti stufate a puntino, magari appaiato col cestino delle tigelle lì a fianco, con quel corpo molliccio spiumato.
La Romilda, dopo aver sradicato le penne del pollo, lo passava sulla fiamma, per eliminare quei pochi ciuffetti che erano sfuggiti alle sue dita rapaci. E l'odore era sospettosamente simile a quello che più tardi sentii sul dorso delle dita dopo aver maneggiato in modo maldestro un accendino..
La pelle del pollo, ora, è come quella delle mie gambe.
La pelle ruvida non ne vuole sapere di distendersi, anche dopo essere stata tranquillizzata da un bel caldo domestico, dopo molte ore.
Guardo le mie gambe, con stupore.
Le mie gambe sembrano una cartina geografica.
Hanno segnato sulla pelle tutti i solchi del campo.
Sono monti, avvallamenti, sono gole profonde nell'incavo del ginocchio, quando ti chini a sfiorare il fango, piantando le punte dei piedi per avere un appiglio, per spostare.
Sono una catapulta, quando le braccia si protendono nel vuoto, e all'improvviso l'impatto: faccia, sul fianco. Stretta di braccia per resistere all'urto.
Le mie gambe sono un ponte levatoio.
Lo vedo nel sollievo degli occhi di chi sta davanti, e non riesce a proseguire, e sente le mie gambe addosso in sostegno, anche se non le vede con gli occhi, coperte da un groviglio di braccia, corpi, dorsi.
Le mie gambe hanno fatto strada.
Mi hanno sorretto quando tutto il resto del corpo voleva arrendersi.
Mi hanno tradito quando la testa voleva andare avanti, ma non ce n'era più per nessuno.
Le mie gambe emanano calore, pulsano, soffrono sotto qualsiasi vestito, che anche la seta più fine non è abbastanza morbida, e sembrano braci sulla pelle aperta.
Le mie gambe chiedono carezze, e invece si sono ritrovate a dover allungare dei calci.
Ogni tanto erano i calci belli, quelli che portano una palla fino al cielo.
Il vettore della forza che parte dall'anca ed esplode dal collo del piede con un suono armonioso come nessuno.
Qualche volta erano i calci della rabbia, che si sfogano su un ciottolo per strada. Contro il vento. O contro un'anda del mare.
I calci che fanno male: ma non perché strappano un muscolo per la troppa fretta di essere tirati.
I calci che fanno male perché non servono a niente: non c'è una palla che apre le porte del paradiso. Rimane tutto dentro, dentro quelle gambe. Dentro una casa sempre troppo vuota.
Le mie gambe, oggi sono così.
E, stranamente, per la prima volta la pelle del pollo non mi fa senso.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

credo che tu sia l'unica persona al mondo capace di farsi quei lividi e quei solchi giocando nel fango.. mah..

coach

Anonimo ha detto...

Che due simpatiche lineette parallele,sembrerebbero tacchetti anteriori in raspata per togliere un fuorigioco.
Bruciano, conosco il genere; un dolore piacevole.
Ti chiedono "com'é andata?"
Tu ascolti il dolore, senti il calore, guardi il gonfiore, e rispondi "bene, mi sono divertito"

E.

djlara ha detto...

Hihiihihi..
Pare strano, ma non sono tacchetti!
Credo di avere trovato dei reperti archeologici dell'età della PIETRA, in mezzo al campo.
E comunque, sì.. ci siamo divertite! :)
Bazi.

Billie MacGowan ha detto...

i lividi sono una cosa a cui mi affeziono, quando vanno via mi mancano sempre. voglio un bene dell'anima alla cicatrice che ho rimediato da una tacchettata a inizio stagione, sul polpaccio destro. la noto sempre dopo la doccia in spogliatoio e sto un minuto a fissarla con affetto, sperando non mi lasci mai.
e da piccolo mangiavo il mio pezzo di pollo, poi di nascosto spellavo i pezzi avanzati da pranzo e mi mangiavo tutta la pelle, che è la parte più buona!

Orso ha detto...

L'unico posto dove non mi si vedono quasi mai tumefazioni è il viso, forse perchè tanti anni di neve mi hanno scurito il volto.
La crema alla calendula fa miracoli, ma non la uso mai...mi piacciono così... e a quanto pare non sono l'unico... :)
Quanto al pollo, per fortuna esistono i macellai, altrimenti sarei forse l'unico orso vegetariano (tuttavia oche e anatre non le mangio per principio) ;)

djlara ha detto...

Beh, grazie...

La pelle del pollo cotta è una cosa.
Ma la pelle del pollo appena dopo la spennatura.. GAAAK! Come toccare la pancia del rospo. Fredda, disgustosa.. e si sposta anche, sopra la ciccia flaccida.

La metto nel paniere insieme alle più belle trasformazioni della cucina (come le patate)!

ORSOOOOO!!!
Il mio richiamo di mmmiele ha funzionato! :)

http://www.lannaronca.it/Schede%20classe%20terza/Miele%20nel%20favo.jpg

La mia bella pilona ha fatto preparare alla sua mamma stregona un flaconcino di olio con lavanda ed elicriso, e me l'ha regalata perché ho l'ematoma facile..
La uso per fare i massaggi, perché ha un buon odore. Ma sui lividi un po' mi dispiace, confesso!

robbby ha detto...

Lara ho un livido pazzesco (diametro almeno 8 cm), viola e nero, sulla coscia...come me lo sono fatto? urtando contro il forno...se tu ti riesci a far male nel fango, io posso fare anche di peggio... :)

djlara ha detto...

Nuuuuuuuu!
E' uno dei pochi casi in cui una cosa al forno fa più male di una cosa fritta.. ;)

Anonimo ha detto...

Bella pilona a chi?!? Ce l'hai con me? Guarda che sto molto rosicando per i lividi che vi siete fatte senza di me...
Lady O.

Anonimo ha detto...

imparato molto

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny