Il miglior risveglio di sempre..
Sei lì, in pace con la vita, l'universo e tutto quanto, presa solo dalla meraviglia per la fortuna sfacciata che hai avuto, a capitare con una persona così incredibilmente giusta per te, la perfezione in una tenda piantata a mille anni luce dalla terra. E non importa se intorno ci sono persone che parlano, ridono, schiamazzano, "Chiamate i Carabinieri!", e la Cannavaro con le caraffe di vino, e gli inglesi, i Monaci (nel senso di Monaco di Baviera), e bevilabevilabevila-tuttad'unfià!, e il freddo di una metà giugno molto anomala, e questa pioggia che non smette di scendere incessantemente... "Lara...", sottovoce, dopo un volo lontano lontano, e un addormentarsi dolce come un letargo tra le braccia più amate del mondo.
La mattina si insinua lentamente nel bozzolo caldo di questo miracolo appena nato.
E come si dice: la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo.
Avevo messo il telefono silenzioso, perché nulla turbasse i nostri sogni, ma sul telefono rimaneva la traccia di innumerevoli chiamate, già a partire dalle due di notte. Agghiacciante.. Mi metto in contatto con l'ultimo numero della lista, a caso. Non so neppure chi fosse: un vicino di casa, il papà, Luca... Non me lo ricordo, ecchissenefrega.
Durante la notte, l'innocuo torrente Fossa (un rigagnolo, un rio piccolo piccolo, a cui non è stato neppure la parvenza di un nome serio) si è preso la sua rivincita: durante la notte ha sfondato l'argine di contenimento ed ha inondato di fango mezzo Spezzano.
In questo mezzo Spezzano è compreso anche il mio studio, sommerso da una colata marrone alta due palmi.
Cerco di mettere a fuoco la situazione.
Da una parte ho:
- il mio uomo sdraiato (che mi guarda allarmato da sopra il cuscino, e non capisce, ma vede solo il terrore nei miei occhi!).
- le mie bimbe, la squadra, che durante la mattinata dovranno affrontare, per la prima volta sulla sabbia, avversari conosciuti (la Benetton, le Fighters..) e straniere sconosciute (una squadra di vitelle scozzesi incontrate il pomeriggio prima, nella quale io sarei stata la nanerottola del gruppo).
- un fine settimana sul mare di Bibione.
- il fratello del mio uomo, che viene apposta dall'altra parte del mondo per potermi conoscere.
- festa sulla spiaggia, ettolitri di Spritz e birra.
Dall'altra parte, invece, ho:
- tutto il lavoro di quattro anni di onesta libera professione sotto due palmi di fango.
Formulo nel cervello la più brutta imprecazione che riesco a mettere insieme dopo trent'anni di esperienza: mi sento come Benigni in "Berlinguer, ti voglio bene", mentre torna a casa dopo che gli hanno detto che la sua mamma era morta.
Ennio mi lascia una sua maglietta come portafortuna. Raccolgo borsone e carabattole dalla tenda, raccomando le bimbe alla Jennifer e ad Alex, giro la macchina e punto verso il piano padano inondato di fango, per fare 300 chilometri alla velocità della luce.
La prima reazione, entrata nel cuore del disastro dello studio, è razionale e consapevole: mi siedo su una poltrona della sala d'aspetto, e piango.
Poi mi tiro via le scarpe, lego i capelli a coda di cavallo, e comincio a spalare chili e chili di fango.
Sui muri, sui fascicoli, sulle prese di corrente, sul computer portatile.
Il fango si è insinuato in ogni interstizio, e già comincia ad indurursi. Non finisce mai. E più se ne toglie, più esce da ogni dove.
Quattro ore.
Quattro ore di lavoro matto e disperato.
E mi torno a sedere sulla poltrona di prima.
Il campo di battaglia è sgombero, le pratiche sono stese sui fili come biancheria dopo un bucato.
E' presto per fare la conta dei danni. E il cielo non accenna a schiarire.
Lavo via il fango dalle mani, da sotto le unghie.
Giro la macchina dall'altra parte, e mi accingo a fare a ritroso di nuovo quei 300 chilometri: c'è un uomo che mi aspetta (e anche suo fratello) e ci sono delle partite da giocare.
Mi attacco al telefono per sentire la cronaca della giornata: le Foxies cedono il passo alle Red Panthers, alle Fighters ed alle inglesi.. Coraggio, bimbe: sto arrivando.
Entro nell'arena del beach rugby di corsa. Mi spoglio davanti a duecento rugbysti che ululano, ma non me ne frega niente: ho una maglia da indossare e un paradenti nero in una tasca della minigonna.
Giochiamo l'ultima partita della giornata contro l'Asti. Che bello essere qui, in cerchio, con le mie bimbe, ancora trafelata per la corsa dal parcheggio, ed Ennio che cerca di raccogliere la mia roba che ho sparpagliato lungo il tragitto.
Mi sento come il fiume che è straripato a Spezzano: tutta la rabbia raccolta dalla mattina, insieme a tutte le sbadilate di fango, si riversano in questa ultima partita della giornata.
E gli argini cedono: quattro mete.. Inarrestabile. Mi tolgo anche la soddisfazione di volare in tuffo oltre la linea di meta, ed atterrare in paradiso di pancia.
La serata è placida, dopo la tempesta.
Ennio mi raccoglie dal casino della discoteca, e mi porta sull'ultimo lettino della spiaggia prima delle onde, a guardare la luna. Gli echi dei battiti danzerecci arrivano attutiti, e di nuovo ci godiamo il piacere di ritrovarci da soli.
Mi porto a casa anche questa trovata, così semplice e geniale: il disco di pasta della pizza è riempito con mozzarella, funghi e ricotta. Lo si arrotola come un giornale, avendo cura di sigillare i bordi onde evitare fuoriuscite indesiderate di fang... pardon, ripieno. Infornata come una pizza, a cottura ultimata la si adagia su un lettino di rucola, ricoprendo con una copertina di prosciutto crudo. Molto estiva e sfiziosa. Tenendo conto anche del rilevante fatto che ce la mangiamo in compagnia delle rondini: hanno nidificato sotto il tendone del ristorante, ci svolazzano sulle teste, e si appoggiano sulle pale spente dei ventilatori, per curiosare quello che abbiamo nel piatto.
Il resto è storia: le Foxies conquistano il loro primo podio, con il terzo posto assoluto della tappa di beach rugby, mettendo a segno anche una vittoria gloriosa contro la squadra scozzese, nella finale per il terzo e quarto posto.
Gli ultimi 300 chilometri per tornare a casa sono fatti ad inerzia: braccia intorpidite e sabbia nelle orecchie. Testa lasciata a Bibione, negli occhi azzurri di un uomo di rugby che mi ha preso il cuore.